Artrosi cervicale

ARTROSI CERVICALE
L’artrosi (chiamata anche osteoatrosi) è una patologia degenerativa cronica e progressiva che colpisce le articolazioni. La cartilagine articolare diminuisce di spessore e a causa dell'attrito che ne deriva e prende avvio un processo infiammatorio che conduce alla formazione di nuovo tessuto osseo, gli osteofiti. Essi si presentano radiograficamente come protuberanze ossee lungo i bordi delle superfici articolari.  La progressiva diminuzione di materiale cartilagineo aumenta l'attrito osseo durante i movimenti provocando dolore e riduzione della mobilità.
Nell’artrosi cervicale la degenerazione interessa generalmente i dischi intervertebrali e le faccette articolari, da qui il nome di spondiloartrosi. Esse si trovano nella parte posteriore della vertebre, due guardano verso l'alto formando l'articolazione con la vertebra sopra, due guardano verso il basso formando la giuntura con la vertebra sotto.
Generalmente il danno articolare tipico dell’artrosi è direttamente correlato all’invecchiamento, ma nell’artrosi cervicale non è determinante l’età in quanto è spesso presente anche in soggetti giovani a causa di errati stili di vita e posizioni viziate. Difatti è una delle patologie più comuni del mondo occidentale.

Il sintomo principale è il dolore percepito al collo e alla nuca, più intenso al risveglio durante i primi movimenti e alla sera, dopo le sollecitazioni della vita quotidiana. Si associano rigidità articolare con crepitii e contratture muscolari. I crepitii vengono riferiti dai pazienti come la sensazione di avere la sabbia nel collo. La presenza di numerose strutture nervose e vascolari presenti nel collo caratterizza la complessità della patologia artrosica cervicale. La presenza di osteofiti, protuberanze ossee che si formano sulle vertebre, e un’eventuale protrusione del disco intervertebrale comprimono le radici nervose causando, oltre al dolore locale, anche sintomi neurologici.
La compressione del plesso cervicale causa parestesie (formicolii, scosse…) e dolore irradiato lungo l’arto superiore e la scapola.
La compressione dei nervi simpatici del collo che regolano la vascolarizzazione del labirinto e dell'orecchio interno provocano acufeni e vertigini.
Un altro sintomo insidioso e molto comune è la cefalea da cervicalgia, causata da più fattori: la compressione dell'arteria vertebrale, del nervo occipitale e la rigidità della muscolatura del collo.
Alcuni pazienti riferiscono anche offuscamento della vista, dovuto alla vicinanza delle prime vertebre cervicali col tronco dell'encefalo, importante centro nervoso deputato al controllo di molte funzioni vitali come la vista.
Sintomi neurovegetativi come nausea, vomito, sudorazione, vampate di calore sono da correlarsi alla vicinanza del nervo vago.

La presenza di osteofiti può inoltre causare una diminuzione del diametro del forame vertebrale, predisponendo all’infiammazione delle strutture nervose ma anche vascolari del tratto cervicale. In questo caso, però, ci ritroviamo di fronte a un'altra importante patologia: la sindrome del canale ristretto.

La causa principale dell’artrosi cervicale è una postura errata mantenuta a lungo, che determina allineamenti e compressioni anomale sulle articolazioni del segmento. Molte attività lavorative svolte senza un'adeguata attenzione alla postura contribuiscono all'usura articolare: impieghi che devono essere svolti per tutto il tempo davanti al computer, lavori manuali come la sartoria e il confezionamento in cui il capo resta per molte ore rivolto verso il basso, attività manuali pesanti e talvolta associate a vibrazione, uso di martelli pneumatici e trapani, facchini, scaricatori di merci.
Altre cause possono essere riferibili a sforzi eccessivi e ripetuti a carico del rachide cervicale, per esempio attività sportive da contatto e con importante coinvolgimento degli arti superiori.  Traumi con esiti non riabilitati correttamente come il colpo di frusta e cadute accidentali con colpo sulla nuca, in cui la rettilineizzazione non corretta evolverà con certezza in artrosi.
Infine deviazioni della colonna come la scoliosi o altre patologie, possono essere un’ulteriore causa.

Una corretta diagnosi è fondamentale per definire un piano di trattamento adeguato, l'artrosi è una patologia degenerativa, quindi l'obiettivo principale è quello di bloccare l'evoluzione della stessa e contenere i sintomi. L'esame strumentale migliore è la radiografia, seguita da una visita specialistica ortopedica e fisiatrica che definisca il grado di artrosi e prescriva il trattamento idoneo. Risonanza magnetica e Tac approfondiscono la condizione dei forami vertebrali nei punti in cui i nervi fuoriescono.

Il trattamento include diversi interventi.
Durante la fase acuta è bene tenere a riposo il rachide cervicale da sforzi eccessivi, utili le applicazioni di caldo sulla zona dei trapezi. Il medico può prescrivere farmaci antinfiammatori-antidolorifici, ma è consigliabile non abusarne poiché oltre ad avere effetti collaterali sugli organi interni non aiutano a risolvere il problema. La fisioterapia è la terapia d'eccellenza per l'artrosi cervicale, consigliata in cicli di terapia due volte all'anno.
Terapie fisiche quali tecarterapia, ultrasuoni, laserterapia e tens aiutano a diminuire lo stato infiammatorio del rachide cervicale alleviando i sintomi più fastidiosi. La massoterapia ha azione miorilassante e agevola la risoluzione delle numerose contratture muscolari presenti. La terapia manuale con pompages e mobilizzazioni articolari è volta al recupero della mobilità persa o ridotta. La riabilitazione neuromuscolare infine, è la seconda fase dell'intervento ma è quella più importante in quanto permette realmente di rallentare l'avanzamento della patologia migliorando lo stato di salute fisica. Si avvale di  esercizi propriocettivi, esercizi di rinforzo muscolare degli stabilizzatori e di stretching dei muscoli retratti, esercizi posturali atti a ristabilire la postura corretta e a minimizzare i traumi assorbiti dal rachide.
Il fisioterapista può dare un prezioso contributo nell'individuare e correggere i principali movimenti responsabili del dolore, nel consigliare piccole modifiche delle postazioni di lavoro e nello stilare un programma di esercizi utili al mantenimento degli obiettivi raggiunti e alla prevenzione di episodi infiammatori recidivanti.


Solo in presenza di gravi compressioni a livello nervoso può essere necessario un intervento chirurgico di decompressione e/o stabilizzazione, possibile dopo un'attenta valutazione del medico neurochirurgo.

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